La Corte Costituzionale dichiara incostituzionale la legge Fornero in materia di licenziamenti economici
La Corte Costituzionale dichiara incostituzionale la legge Fornero in materia di licenziamenti economici
Le molto decantate leggi del mercato e della “meritocrazia”, che tanto stanno a cuore ai sostenitori del liberismo, se applicate alla politica imporrebbero che chi sbaglia in modo così plateale se ne vada a casa.
Se si applicasse questo meccanismo agli autori e ai sostenitori delle leggi Fornero e del Jobs act quattro quinti del parlamento se ne tornerebbe a casa. Infatti non ci sono mai state leggi così tante volte smontate e dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale come queste due leggi, autentico fiore all’occhiello di chi per anni ha predicato la lode alla flessibilità del mondo del lavoro. Qui non si tratta più di dissenso politico, qui si va oltre. Se una legge viene ripetutamente ritenuta incostituzionale non è più solo un problema di demolizione delle garanzie e dei diritti, è peggio: è incapacità di scrivere una legge che rispetti i principi costituzionali.
L’ultimo (per ora) pronunciamento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 59 del 2021 pubblicata lo scorso primo aprile, riguarda i licenziamenti economici previsti dalla legge Fornero, la quale prevedeva che se il fatto posto alla base del licenziamento risulta insussistente (ad esempio ti licenzio per una crisi aziendale in quel settore che invece risulta non vera) il Giudice che rilevava tale insussistenza poteva disporre la reintegra. Non era quindi obbligato ma aveva libertà di scegliere se disporla o meno. La Corte Costituzionale dichiara l’irragionevolezza di questa previsione ed impone che in tal caso il Giudice deve disporre la reintegra. Ma la Corte va oltre e dice che anche se il Giudice non può entrare nel merito delle scelte dell’impresa tuttavia si deve ricordare che il licenziamento deve rappresentare “pur sempre un’extrema ratio e non il frutto di un insindacabile arbitrio”. Ed ancora la Corte attacca i più recenti orientamenti giurisprudenziali della Corte di cassazione che dichiarano ammissibile per un’azienda non procedere al “ripristino del rapporto” se questo risulti per l’azienda troppo oneroso a causa dei mutamenti organizzativi sopraggiunti dopo il licenziamento (tipo soppressione di quel posto di lavoro). Secondo la Corte Costituzionale tale orientamento presta il fianco a condotte elusive da parte dell’impresa e appare manifestamente irragionevole far dipendere il ripristino del rapporto di lavoro dalla libera scelta organizzativa proprio di colui che ha commesso un atto illegittimo quale il licenziamento.
Ancora una volta dunque la Carta Costituzionale e la Corte che ne è il guardiano, costituiscono un baluardo per la difesa dei diritti e dei valori costituzionali.
Chi ha scritto, chi ha voluto, chi ha votato e chi ha difeso questi provvedimenti dovrebbe almeno avere il buon gusto di dire che aveva ragione quella minoranza che li ha contrastati fin dal primo momento, nella derisione generale. Eravamo coloro che non capivano che i tempi sono cambiati e cercavano di mettere un gettone nell’iPhone per telefonare. Così ci venne detto. Ora vorremmo che qualcuno, chiedendo scusa, si ritirasse dalla scena politica.
(Contributo dell’Avv. Danilo Conte)