Riconversione della raffineria Eni di Livorno. La “serie C” degli investimenti pubblici?
Come Unione Sindacale di Base, presente in raffineria con iscritti e una RSU nelle ditte esterne, eravamo già intervenuti in merito al progetto di nuovo gassificatore per materie plastiche che ENI vorrebbe installare all’interno del nostro stabilimento. Al di là delle questioni ambientali, da tenere sempre presenti, quell’impianto non avrebbe né portato nuovi posti di lavoro (se non qualche assunzione di manodopera altamente specializzata) né tantomeno sarebbe stata la soluzione ad una crisi ormai conclamata del nostro sito produttivo. Sarebbe stato solo un modo per aumentare il profitto della multinazionale a discapito di noi lavoratori e dei cittadini livornesi con un saldo ambientale negativo visto che andava a aggiungersi ad una produzione già impattante.
In queste settimane si è iniziato invece a parlare di un progetto di “riconversione” totale dello stabilimento attraverso finanziamenti pubblici. Partiamo subito da una premessa: nessuno è ancora in grado di esprimere una valutazione completa rispetto a questa proposta. Come sindacato ci limiteremo a fare alcune prime considerazioni grazie alle informazioni che intanto abbiamo raccolto.
Attraverso il meccanismo del Recovery Plan, Eni avrà a disposizione 2,7 miliardi di euro per investimenti. Una cifra considerevole e un’occasione d’oro, dal nostro punto di vista, per intervenire sul nostro sito migliorando l’aspetto ambientale ma, SOPRATTUTTO, mettendo in campo un progetto che dia davvero un FUTURO ai lavoratori e alla città. A Livorno, secondo ENI, andrà installato un impianto di produzione e trattamento del cosiddetto Biodiesel.
Prima di tutto bisogna dire che nel 2019 ENI ha inaugurato una “bioraffineria” per la produzione di Biodiesel a Gela. Rispetto al fabbisogno attuale sembra che l’offerta al momento sia superiore alla domanda. Cioè si produce (in generale) più Biodiesel di quanto ne serva effettivamente. Questo per diversi motivi, principalmente perché il suo utilizzo è ancora limitato. Quindi sarebbe legittimo chiedersi, in un’ottica di lungo periodo (che dovrebbe giustificare un investimento tanto grande), se ci saranno prospettive di una vera diffusione massiccia del suo utilizzo? La risposta è probabilmente scontata.
Tenendo per il momento da parte le emissioni dovute alla sua produzione, sappiamo che la combustione del biodiesel produce meno monossido di carbonio ma più ossidi di azoto. Non è quindi un caso che gli investimenti più all’avanguardia in questo momento, per quanto riguarda i mezzi di trasporto, siano rivolti all’elettrico e all’idrogeno. Quindi? Il rischio concreto è che questo investimento sia di fatto un modo per “utilizzare” questi soldi creando un impianto che non ha futuro. Un deposito? Un sito che produce meno di quanto potrebbe?
Eni probabilmente investirà, come al solito, in altri siti e lascerà a Livorno le solite briciole. Inquinamento e un futuro incerto dal punto di vista occupazionale. Esistono delle alternative? Prima di tutto vorremmo dire che i lavoratori e il sindacato devono essere protagonisti e non passivi spettatori in balìa di chi la spara più grossa e di chi pensa di liquidare il tutto con qualche articolo di giornale. Non siamo così ingenui. La nostra organizzazione ha già iniziato un confronto con tutti i soggetti interessati ad approfondire seriamente la questione e sta interpellando dei tecnici a livello nazionale.
In ogni caso per iniziare a rispondere a questa domanda basterebbe vedere dove e come si sta investendo nel mondo. Quali sono i veri progetti di riconversione che si stanno portando avanti. Potrebbe essere il Biodiesel? In conclusione quello che vorremmo dire è che noi crediamo in un futuro del nostro stabilimento. Siamo consapevoli che così non si può andare avanti. Né dal punto di vista ambientale né tanto meno da quello occupazionale. Ma questa condizione non ci deve portare ad accettare qualsiasi sparata arrivi nei prossimi mesi.
Livorno 10 gennaio 2020
Unione Sindacale di Base Livorno