Usciamo dal perimetro delle compatibilità per costruire un vero fronte di lotta. Lettera aperta degli operai e delle operaie livornesi ai lavoratori GKN
In un mondo in cui si legittima tutto e il contrario di tutto potrebbe apparire quasi normale vedere un corteo di lavoratori licenziati al cui interno sventolano bandiere di un sindacato come la Cgil (e della Fiom). Viviamo in un’epoca in cui la "confusione" regna sovrana ed è permesso a tutti, dalla politica al sindacato, prendere una posizione il giorno prima e cambiarla il giorno dopo senza, apparentemente, subire alcuna conseguenza.
A prima vista può sembrare un discorso ideologico. "L'unita dei lavoratori prima di tutto", questo è lo slogan utilizzato sempre più spesso. Come se in nome dell'unità non fosse consentito fare delle considerazioni. Ma da chi arriva questo appello all'unità? Ma soprattutto, sarà utile al raggiungimento del risultato?
A pochi giorni dal quel 13 febbraio 2021, giorno dell'insediamento del governo Draghi, i segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil, con alcune sfumature, rilasciarono dichiarazioni di apprezzamento nei confronti del nuovo esecutivo.
Eppure, non era certo difficile capire quale sarebbe stato il ruolo del "governo dei migliori". Uno dei primi provvedimenti su cui Draghi si mise a lavoro fu la nuova stesura del PNRR. Una montagna di soldi pubblici da utilizzare per rilanciare l'economia del Paese nel (forse) post-pandemia. La bozza definitiva non fu inviata neanche a tutti i ministri. Unico dei pochi soggetti che ebbe la possibilità di leggerla e fare delle considerazioni fu Confindustria...
Per garantire una ristrutturazione industriale pacifica e senza intoppi mancava solo un ultimo tassello: la possibilità di licenziare.
Senza troppi sforzi, e con addirittura una firma ufficiale, i sindacati confederali approvano, in data 29 giugno dopo 6 ore di "trattativa" lo sblocco definitivo.
Dal giorno successivo, senza ovviamente rispettare alcuna raccomandazione, le prime fabbriche e multinazionali iniziano le ristrutturazioni.
Il 9 luglio, il fondo di investimento Melrose annuncia la chiusura dello stabilimento GKN di Campi Bisenzio. Circa 500 lavoratori vengono licenziati con una e-mail.
A questo punto c'è la prima ingenuità imperdonabile. I sindacati presenti alla GKN liquidano la questione con un semplice "se non fosse successo adesso sarebbe successo tra 6 mesi, il problema non è lo sblocco dei licenziamenti".
Infatti basta leggere i primi comunicati o ascoltare le prime dichiarazioni per rendersi conto che la questione dello sblocco dei licenziamenti viene omessa scientificamente fin dall'inizio.
Tutto ciò come se la portata politica di un accordo come quello firmato da Landini non incidesse all'interno dei rapporti di forza tra capitale e lavoro in questa fase. Pensare che tutto si possa ridurre ad un semplice ragionamento di "prima o dopo" senza considerare la portata storica di una disfatta come quella voluta ed approvata dai sindacati confederali, senza pensare che tale meccanismo non avrebbe prodotto un avanzamento materiale e concreto della controparte che, forte del risultato ottenuto, si sente di non aver più remore nel proseguire verso i propri obiettivi.
Oltretutto vorremmo fare una banale considerazione. I contagi sono, purtroppo, di nuovo in crescita. Lo stato di emergenza è stato rinnovato. sarebbe forse bastato "resistere" qualche settimana in più per ritornare ad avere un contesto politico favorevole al proseguimento del blocco.
E qui sta la seconda ingenuità. Considerare i sindacati confederali tutto sommato ancora parte del movimento dei lavoratori e non una vera e propria controparte al pari di Confindustria. Vorremmo qui evitare di fare l'elenco degli accordi firmati dai vari segretari nazionali che sono serviti a smontare pezzo dopo pezzo, le conquiste ottenute in anni di lotte operaie.
Alla notizia dei licenziamenti alla fabbrica GKN parte la gara di solidarietà e le varie passerelle politiche.
Al di là dell'indubbia combattività dei lavoratori di Campi Bisenzio è chiaro fin da subito che il piano che si va delineando è sempre quello della compatibilità. Ci dispiace doverlo dire ma non basta un fumogeno in più, un'occupazione dell'autostrada per uscire da quel piano. Nonostante l'arroganza dei rappresentanti del fondo di investimento la controparte ha capito subito che la situazione può essere tutto sommato gestita. Perché questa certezza? Perché, a parte i diretti interessati e qualche delegato sindacale, la trattativa politica ad alti livelli verrà comunque gestita da quei rappresentanti sindacali che qualche settimana prima hanno siglato l'accordo sui licenziamenti garantendo con quella stessa firma una transizione pacifica e quanto più indolore del processo in atto.
E qui arriva la terza “ingenuità” altrettanto imperdonabile. Pensare che possa davvero esistere un soggetto che pur rimanendo all'interno di quel piano di compatibilità (e cioè dentro i sindacati confederali) riesca a determinare delle scelte diverse dal punto di vista generale. Che possa davvero esistere una opposizione interna in grado di modificare delle scelte strategiche.
Non è così e non basta far parlare qualche facchino in lotta durante il comizio finale della manifestazione oppure annunciare chissà quale insurrezione operaia.
Per non rischiare di passare subito come gli unici portatori della verità assoluta diciamo subito una cosa. Al momento in Italia il movimento operaio non ha la forza per cambiare radicalmente il paradigma in atto. Questo è un dato di fatto. Requisire e nazionalizzare un singolo stabilimento solo perché lo chiedono i suoi operai rimane un sogno.
Ma questo non vuol dire che la partita è già chiusa. Tutt'altro. Il primo passo è quello però di porsi immediatamente fuori da quel piano di compatibilità di cui parlavamo prima, accettandone le conseguenze. L'atteggiamento delle istituzioni cambierà. Non ci sarà l'Unicoop Tirreno che scaricherà un camion di viveri di fronte alla fabbrica. Non ci saranno le associazioni che scriveranno decine di comunicati di solidarietà, il presidente della Regione Giani probabilmente non si avvicinerà neanche ad un corteo. Magicamente arriveranno le prime pressioni da parte della Questura.
Diciamo questo perché tanti di noi ci sono già passati e sanno bene cosa vuol dire.
Da quel giorno inizia la vera battaglia, non prima. Una battaglia che si può anche perdere, ci mancherebbe, ma che avrà senso combattere davvero.
Si può perdere perché ottenere subito dei risultati da soli senza avere una prospettiva almeno nazionale non è affatto facile. Perché l'attacco che stiamo subendo è molto più generale e scientifico di quanto si pensi.
L'alternativa è probabilmente una morte lenta. Le altre crisi aziendali, gestite a livello nazionale da Cgil, Cisl e Uil, sono li a dimostrazione. Al netto della combattività e della generosità degli operai.
USB Livorno sarà comunque sempre a fianco dei lavoratori GKN. La vostra crisi, quella che state vivendo, è anche la nostra. TRW, acciaierie di Piombino, Vitesco... La solidarietà operaia ce l'abbiamo nel sangue e ci spenderemo fino all'ultimo respiro per essere al vostro fianco.
Ma proprio perché abbiamo vissuto sulla nostra pelle queste sconfitte e proprio perché non abbiamo assolutamente intenzione di arrenderci, abbiamo l'obbligo di fare queste considerazioni.
Operai e operaie, lavorator* e delegat* USB:
Piaggio & C
Magazzino logistica Piaggio
Sole Pontedera Spa
Trelleborg Sealing Solution
Acciaieria JSW Piombino
MT logistica Livorno
Raffineria Eni Livorno, ditte metalmeccaniche
Solvay Solution
Magna Closures Spa
Porto di Livorno